Londra 23 aprile 2013

Certo che in campo enoico le discussioni possono essere infinite, talvolta sono coinvolgenti, interessanti, altre sono banali, superficiali o inutili, ma tutte quante ti arricchiscono e ti lasciano con tante riflessioni che ti accompagnano successivamente. In questa degustazione a Londra, concomitante al campionato del mondo dei sommelier, le stanze erano divise più o meno tra rossisti, spumantisti e bianchisti. E’ vero che c’erano presenti i nomi più celebrati dell’Italia enoica, che quasi sempre sono produttori di vini rossi, ma sarebbe stupido far risalire solo a questo il motivo per cui le sale dove si sbicchieravano i rossi erano piene, le altre meno. La gente che scendeva le scale, dopo essersi orientata, si dirigeva con passo sicuro verso Sassicaia, Fonterutoli, Flaccianello… e noi bianchisti ci sentivamo trascurati. Stanco di risciacquare ed avvinare i bicchieri già sporchi di brunello o barolo  prima di versare il mio vino, non ho potuto che prendermela con un assaggiatore casuale che poi ho scoperto essere un piccolo importatore: “Ma non è più logico assaggiare prima i bianchi e poi i rossi?” Gli ho chiesto e lui: “Ma qui siamo a Londra e per noi il vino è rosso.” Con buona pace mia. Ma quanti sono, dico io, i piatti di formaggio, di pasta, zuppa e quant’altro rovinati da vini rossi assolutamente inaccostabili a causa della poca voglia di provare il nuovo che avanza (che poi non è neanche così nuovo). Questo succede a Londra, crocevia di culture e innovazione, figuriamoci altrove. Sommelier, c’è lavoro per voi!

 

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Prato inglese! Verde speranza di trovare un importatore.

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